Questo il “testimonio” trasmesso ai giovani nel corso della presentazione del libro “Papaveri Rossi, il soffio caldo del favonio” di Giuseppe Messina: un incontro generazionale e interdisciplinare che ha toccato alcuni punti nevralgici del dibattito sul futuro della città e dei giovani: il bisogno di recuperare la memoria del nostro passato, proiettandolo in una dimensione futura di progettualità e di cittadinanza attiva, le possibilità occupazionali nel settore dei beni culturali, il ruolo delle istituzioni preposte alla formazione dei giovani -in primis la scuola- nell’orientarli ad un percorso di studi che possa avere un esito nell’ambito del settore. Il punto di partenza è stata la scrittura: quella evocativa, suggestiva ed accattivante del libro di Messina che recupera, sullo sfondo della grande storia a cavallo dell’ultimo conflitto mondiale, memorie personali e familiari e memorie di una Foggia per molti versi scomparsa: un mondo essenzialmente basato su una civiltà agricolo-pastorale di cui ormai rimangono poche tracce materiali ed immateriali e che continua a vivere nella memoria di coloro cui spetta ora il ruolo di trasmetterle attraverso il racconto: l’affabulazione, appunto, parola chiave del libro che consente di mantenere vive non le ceneri (come è stato detto dalla dottoressa Bonomi citando Gustav Mahler) ma il fuoco vitale di cui sono fatte le memoria stesse. Memorie, tangibili ancora, le preesistenze archeologiche della città: in primis l’antica Arpi, la grande città dauna ancora oggetto di depredazioni e dunque a costante rischio di memoria e le tante altre testimonianze di un patrimonio diffuso, che si esprime non solo nelle emergenze architettoniche della città, ma anche in una miriade di beni di natura immateriale, cui spetta a tutti i cittadini tutale e preservare. La natura pubblica del bene culturale, tutelata dagli articoli fondamentali della nostra costituzione, la funzione svolta dalle istituzioni ad essa preposte, sono state poi oggetto della riflessione della dott.ssa Bonomi, Sovrintendente ai beni archeologici, alle belle arti ed al paesaggio per la BAT e la provincia di Foggia, che si è poi soffermata ad analizzare le possibilità lavorative che si aprono in tale ambito per i giovani, nei limiti che la situazione sociale ed economica del momento consente loro; l’esortazione è stata, oltre quella di tendere all’acquisizione di un solido bagaglio culturale, di assumere un atteggiamento di apertura e flessibilità per cogliere tutte le opportunità offerte soprattutto nel settore della fruizione e valorizzazione dei beni culturali. Un aiuto, come è stato sottolineato nel corso dell’intervento della Prof.ssa Di Adila, può giungere anche dai progetti di alternanza scuola-lavoro che quest’anno sono stati incentrati anche sul settore archeologico; un ambito che, con il sostegno della dott.ssa Bonomi, si spera possa essere potenziato negli anni a venire. Ma la conservazione del passato ha senso solo se si proietti in una dimensione progettuale, valida per presente e soprattutto per il futuro come ha sottolineato la dott.ssa Costanza Iafelice, giovane e talentuoso architetto ed ex alunna del Marconi, nel suo apprezzatissimo intervento che ha permesso di cogliere l’evoluzione urbanistica ed architettonica delle città e quanto le scelte politiche ed economiche compiute negli anni ne abbiano condizionato inevitabilmente lo sviluppo; un intervento dotato di intensa carica progettuale e propositiva che si è concluso con un appello ai giovani a mantenere non solo viva la conoscenza del passato, ma a cogliere tutte le opportunità per essere e divenire cittadini responsabili e consapevoli delle proprie scelte in quanto prodrome di sviluppi futuri.
Prof.ssa Marina d’Errico